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olex + saving each other
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Dove cazzo è noi siamo leggenda maledetti
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L'innocente
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Era l'espressione del viso di lei che mi faceva impazzire. Potevi chiaramente scorgere un'assoluta, altera e acerba giovinezza. E poi ombre di sfida, bellezza pura ed erotismo. Racchiusi in uno sguardo spudorato, solo apparentemente senza alcuna malizia. Solo io sapevo quello che erano capaci di combinare sul mio corpo quelle labbra.
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Soltanto io avevo avuto il privilegio di sentirmi sussurrare all’orecchio richieste assolutamente sconvenienti e oscene: “dominami, fammi godere, voglio di più, dammene ancora, lascia che ti faccia provare il paradiso.” Solo io avevo avuto il privilegio di godere dei suoi seni appena accennati, freschissimi, delle sue bellissime natiche e del tesoro dolce che proteggevano. Che adoravo e che mi accoglieva grato, elastico e avido.
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Approfittavo largamente di quelle sue doti, per la soddisfazione dei sensi di entrambi. Non mi era infatti consentito violare la virtù vaginale di quell'angelo: lei voleva arrivare illibata all'altare. E io la rispettavo. Dopo gli incontri si rivestiva, usciva da casa mia e tornava la brava ragazza che tutti conoscevano. Studentessa modello dell'ultimo anno di liceo e promessa sposa ancora vergine del brillante - giovanissimo anche lui - futuro erede delle fortune di una delle famiglie più facoltose e note in città.
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Innamorato cotto al punto di volerla sposare subito dopo il diploma. Lo capivo benissimo. Nessuno sospett�� mai di nulla. Io, trentacinquenne travet con un lavoro modesto, non avrei mai potuto darle nulla di quello che avrebbe avuto da quella famiglia e che meritava. Lo sposò l'anno dopo, come da copione. Ma il pomeriggio del venerdì prima del sacro rito mi fece passare due ore da sogno. Ripassammo tutto il repertorio.
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Quando finimmo, mi diede un lunghissimo bacio d’addio e pianse. A dirotto. Titubava, aveva dei ripensamenti. Tardivi, ormai. Per troncare tutto e spingerla verso il futuro benessere, fui sarcastico, addirittura cattivo. La trattai da puttanella egoista e viziata, un'opportunista in cerca soltanto del sesso con un uomo maturo, altro che amore. Capivo che dovevo farlo. E lei mi guardò per la prima volta con occhi carichi d’odio. Solo allora capii che l’amavo da morire. Adesso sono passati più di quindici anni. Possibilmente è ancora più bella.
È calda e sensuale. Il potere di attrazione di una donna nella piena maturità è più sottile e pervasivo di quello della gioventù. Lei, consciamente o no, entra nel tuo cervello non appena la vedi. Nei sensi il desiderio di lei ti arriva subito dopo, in automatico. E io la osservavo tutti i giorni. Non se n'è mai accorta. Era il mio hobby, osservare la sua evoluzione nel tempo. Universitaria sposata dapprima, madre amorevole poi. Grazia pura. Amore mio nascosto e sofferto.
Ha saputo da poco che lui la tradisce. L’unico a cui avrebbe potuto confessarlo, per trovare un po’ di consolazione e calore, ero io. E infatti me l'ha scritto. Nessuno scrive più lettere, ormai: lei si. Ho aperto la busta. Dapprima ho baciato il foglio e subito dopo ho letto le sue parole. Col tempo e l’esperienza lei ha capito che avevo sacrificato il mio grande amore per lei allo scopo di spingerla verso una vita agiata. Ed era grata, ma allo stesso tempo me ne faceva gran colpa. Aggiungeva il suo numero di telefono.
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Ci siamo sentiti. Il mio cuore era pazzo di gioia. Oggi pomeriggio ci vedremo. Prima volta dopo tantissimo tempo. Eoni. Lui è fuori città per lavoro. Lei invece è assolutamente sicura che stasera la passerà con l’altra. Chissenefrega, di lui. Non so cosa succederà, tra noi. Ma lo so benissimo, invece. Ho l'anima in subbuglio. Pulisco il mio piccolo appartamento da scapolo come non ho mai fatto prima in vita mia. Il vino bianco è in frigo e ho comperato il gelato che le piaceva.
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I gusti fondamentali raramente cambiano. Almeno lo spero. Si torna sempre con la mente e inevitabilmente dalle persone con cui stavamo bene, o ripercorriamo le situazioni in cui eravamo felici. A volte portiamo appresso anche il corpo. Come lei oggi. Oddio, non ragiono più: la amo. Più di prima. Questa è l’unica cosa che so. E ormai è l’unica che conta, per me. Vieni, amore mio: qui troverai un cuore che batte da sempre solo per te. Pochi mezzi economici, ma tanto calore. Per tutto il resto poi vedremo insieme…
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RDA
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Ho una domanda congiunta per @firewalker e @kon-igi a proposito di dieta, farmaci e strategie di dimagrimento.
(Il post è lungo e mi scuso con i chiamati in causa, ma la sintesi non è un mio talento e l'argomento meritava forse anche di più)
Premessa_ Negli ultimi anni ho seguito con la coda dell’occhio le notizie relative ad Ozempic e farmaci simili (il nome del principio dell’Ozempic è semaglutide, ma se ho capito sono in circolazione anche altri farmaci), più o meno da quando ha fatto scalpore la carenza di forniture per i malati di diabete, che erano gli originari destinatari del farmaco. Nel frattempo, l’uso del farmaco per altri scopi, ossia aiutare nel dimagrimento, motivo per cui si era generata la carenza per i malati di diabete, è stato più o meno pubblicizzato e raccontato e, recentemente, ufficializzato come terapia. Io ne ho sentito parlare in articoli sul Post e in podcast su youtube, ma mi è sempre sembrato un farmaco “lontano” dal contesto italiano.
Invece l’altro giorno ho saputo che è stato suggerito ad una persona della mia età (40 anni passati) che conosco, che dopo anni di tentativi di dimagrimento con esiti altalenanti, all’ennesima occasione di cominciare un percorso di dimagrimento con un professionista (medico nutrizionista, in questo caso, se ho capito bene) ha avuto come proposta dal professionista stesso l’idea di provare con questo tipo di farmaco. La prospettiva era di fare un percorso di almeno 7 mesi, con una somministrazione al mese modulata in diverse quantità (iniziando dal quantitativo minimo), e di non accompagnare con particolari restrizioni/indicazioni sul piano nutrizionale perchè l’effetto del farmaco sarebbe stato “sufficiente” a far passare la fame e il desiderio di mangiare: “dovrebbe far passare la fame e anche la “soddisfazione” di mangiare qualcosa”, mi hanno detto.
Per la persona che mi ha raccontato tutto questo la prospettiva era molto invitante, non fosse che per il costo complessivo, di circa 2.000 euro, oltre ulteriori spese per visite specialistiche. Inoltre, c’erano da considerare i potenziali effetti di interazione con altri farmaci e l’incognita al termine del trattamento di riprendere il peso perso, come successo in precedenza dopo altri percorsi di dimagrimento. Le testimonianze di molte persone che prendono questo farmaco, infatti, sembrano tendere verso la prospettiva che se non si prosegue con la terapia, il peso viene presto recuperato proprio perchè torna la fame.
Per come veniva presentata dal professionista, però, mentre con le diete precedenti (con questo ed altri professionisti) le indicazioni erano state molto restrittive nelle associazioni degli alimenti o nelle categorie di alimenti (ma non strettamente sul piano calorico o delle quantità specifiche di certi alimenti - per esempio con giornate con insalata a cena e pasta scondita senza sale “a volontà” a pranzo), in questo caso la dieta non avrebbe previsto l’eliminazione di nulla in particolare e, una volta finita la terapia, il dimagrimento sarebbe stato mantenuto “grazie” alle nuove abitudini acquisite durante i 7 mesi in cui l’appetito sarebbe stato ridotto dal farmaco, che avrebbe avuto anche l’effetto di “ridurre” le dimensioni dello stomaco.
Alla fine, la persona in questione ha preferito provare nuovamente con una dieta restrittiva, senza farmaci, ma a me sono rimaste alcune perplessità, ed è questo il motivo del post.
Domanda, anzi, domande_ Quante cautele si devono adottare prima di prescrivere e di assumere un farmaco di questo tipo? Se ho capito bene, va ad interagire con degli ormoni: non dovrebbe essere necessario il parere di un endocrinologo, anche a fronte di esami del sangue “in regola”? Possibile che non ci sia nessuna indicazione di restrizione calorica nella dieta di accompagnamento in un percorso di dimagrimento? Non dico far pesare ogni grammo, ma almeno dare delle indicazioni di porzioni di un certo range.
Chi volesse approfondire ed informarsi su questo genere di trattamento, ancora forse inedito per molti come strategia per dimagrire, dove dovrebbe andare? A chi dovrebbe rivolgersi? Al proprio medico generico? Ad un medico nutrizionista? Ad un biologo nutrizionista? Ad un endocrinologo?
Ho trovato queste linee guida dell’associazione dei medici endocrinologi del 2023, ma sono 373 pagine e speravo in qualcosa di più sintetico e semplice da una fonte affidabile.
https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwj0u6TSv76LAxU-gf0HHRp9GfMQFnoECBIQAQ&url=https%3A%2F%2Fwww.sigeitalia.it%2FDocs%2FAllegati%2FLG193_AME_Terapia-sovrappeso-e-obesit%25C3%25A0-resistenti-tratt-comport.pdf&usg=AOvVaw3X_tbeHzU24eH7E0Q0z_Th&opi=89978449
Questo era un prospetto più sintetico, ma risale al 2022
https://associazionemediciendocrinologi.it/images/pubblicazioni/Breaking/2022/BreakingNews-02-febbraio-2022.pdf
Invece l’agenzia italiana del farmaco ne parla qui a marzo 2023, dicendo che “Ogni altro utilizzo, inclusa la gestione del peso, rappresenta un uso off-label e attualmente mette a rischio la disponibilità di Ozempic® per la popolazione indicata.”
https://www.aifa.gov.it/-/nota-informativa-importante-su-ozempic%C2%AE-semaglutide-
Ulteriore interrogativo: qual è il ritmo più ragionevole per un dimagrimento? Ovvero, quali risultati dovrebbero essere considerati ragionevolmente un successo, durante un percorso di dimagrimento? Vanno considerate delle percentuali sul peso di partenza? Si deve tenere in conto un rallentamento, se ho capito bene, dopo un primissimo momento, ma poi ci si pu�� aspettare, se seguiti da un professionista, di raggiungere il peso desiderato mantenendo un ritmo più o meno costante? Se si parte da 80 kg per 160 cm di altezza, per esempio, cercando di arrivare a 65 Kg, quanto tempo è “ragionevolmente” necessario per raggiungere questo obiettivo senza scoraggiarsi? So bene che si tratta di domande che vannod eclinate sull’individuo e non cerco certo delle risposte prive di un “dipende”, ma nel caso della persona che conosco un dimagrimento di 10 kg in tre mesi era stato considerato “insoddisfacente” dalla persona stessa, mentre era considerato “fin troppo repentino” dal professionista consultato che ha proposto la terapia con il farmaco, per questo mi chiedo quale sia il margine di manovra da considerare accettabile o auspicabile per un dimagrimento che non sia un “deperimento”.
Postilla_ Io sono relativamente ignorante in materia anche perché l’unica volta che sono dimagrita sensibilmente, perdendo quasi due taglie in meno di un anno e ritornando così al peso che avevo a fine liceo (il mio peso "ideale", su cui avevo messo nel corso di una decina d'anni quelle due taglie), è stato per via dello stress e del cambio di stile di vita quando ho cominciato a lavorare full-time. Negli anni successivi ho ripreso tutto con qualche interesse, ma non ho mai cercato di mettermi a dieta e quello che so sull’alimentazione l’ho imparato per curiosità. So di avere un’alimentazione abbastanza sbilanciata, ma per ora è tra le preoccupazioni che rimando al futuro.
Però, al di là dell’alimentazione “mia”, l’alimentazione “in generale” è tra le cose che mi interessano e spesso mi chiedo quanta consapevolezza e quanta ingenuità siano in campo nei percorsi di dimagrimento che la gente intraprende, in maniera più o meno assistita da figure professionali di vario tipo. Questa medicalizzazione della dieta con un farmaco che influisce sull’appetito e sul “piacere” di mangiare un po’ mi inquieta, ma forse è una strada promettente per chi ha già provato alternative senza successo. Che ne pensate voi?
Ovviamente, se avete letto fin qui, tutte le opinioni e i commenti sul tema sono ben graditi ^_^
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𝑫𝒂𝒓𝒌! 𝑷𝒂𝒖𝒍 𝑨𝒕𝒓𝒆𝒊𝒅𝒆𝒔 𝒙 𝒓𝒆𝒂𝒅𝒆𝒓
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Dune
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento yandere, Fem reader, relazione tossica, matrimonio forzato (menzionato), tentato omicidio, avvelenamento, aborto, relazioni extra coniugarli, tradimento, utilizzo della voce, manipolazione psicologica, instabilità emotiva, ricatto, tocco non consensuale.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 3170
I corridoi a quest’ora della notte erano quasi del tutto vuoti, fatta eccezione per i soldati di guardia e della figura leggiadra della bella donna chiamata (nome) Alithea e in futuro Atreides -se mai il matrimonio fosse andato a buon fine naturalmente-. La bellezza della figura meritava per certo il soprannome che gli era stato affidato quando era ancora una bambina. La principessa degli Alithea. Come unica figlia femmina fino ai suoi 12 anni era stata amata e adorata quasi al pari della contessa che una volta era stata sua madre.
La sua bellezza e purezza non era ancora caduta in disgrazia secondo il pubblico.
La sua bellezza, la sua educazione e il suo carattere mansueto avevano permesso tale nomignolo. Poco si potrebbe immaginare che dietro quella bella facciata si potrebbe nascondere una donna non più diversa.
Una donna fredda e crudele, cresciuta fino a riconoscere la sua unica utilità come scambio tra famiglie. Il nome e l’importanza degli Atreides per una donna fertile ed educata che avrebbe mantenuto alta la discendenza.
Si era quasi stancata di sentire tali voci venire dall’esterno, oramai quasi tutti i servi al servizio del Duca e della sua famiglia avevano familiarità con il caratteraccio della donna.
❝ Mia signora cosa ci fate sveglia a quest’ora? ❞ La donna si fermò barcollante nei suoi passi. ❝ Dovreste essere nelle vostre stanze a riposare. ❞ (nome) ha un aspetto malaticcio nei suoi lineamenti morbidi. Il colore della pelle è sbiadito quel tanto che bastava per farla sembrare tra la vita e la morte. I capelli (colore) scompigliati, sono sciolti dal solito complicato intreccio, permettendo così delle morbide onde ad accompagnare il suo viso. Il piacevole movimento delle ciocche seguiva il suo viso una volta che decise di poter onorare questa persona con le sue attenzioni.
Duncan Idaho era in mezzo al corridoio con aria solenne. La postura eretta e impeccabile è proprio qualcosa che ci si poteva aspettare da casa Atreides e da uno dei suoi fidati.
Lo sguardo dell’uomo affronta con sospetto il corpo gracile ea mala pena sostenuto della sua signora. Non c’è traccia di ostilità verso qualcuno, solo il suo solito io viziato. O almeno è quello degli ultimi 7 anni. Quando d’improvviso la dolcezza della bambina venne sostituita con il gelo caratteristico di casa Alithea.
Duncan non ha mai diffidato di lei. Non che potesse in qualche modo, è una donna talmente fragile e minuta che si poteva dubitare potesse ferire qualsiasi componente della famiglia Atreides. Solo non poteva che notare il cambiamento di carattere durante la sua crescita al fianco all’erede Atreides. Davanti agli occhi ha visto come qualcuno potesse sprofondare nell’oscurità poco a poco.
Lo sguardo affilato della donna cadde sul soldato, fidato agli Atreides e vicino a quello che sarebbe diventato suo marito. ❝ Niente di importante Sir, cerco solo di raggiungere il mio futuro marito nelle sue stanze. Mi ha chiesto di parlare in privato. ❞
Duncan dubitava che Paul potesse essere così dannatamente maleducato da scomodare la sua fidanzata che fino a qualche giorno fa era in letto di morte. Poi nessun -nemmeno Paul- gli aveva parlato di questo incontro e per quanto potesse essere un incontro tra innamorati, di cui dubitava molto, il ragazzo avrebbe comunque avvertito qualcuno della cosa.
In genere lady (nome) non era nemmeno una persona da incontri romantici al chiaro di luna, ne di una avventura in camera da letto. Quindi era ben presumibile stesse architettando qualcosa che avesse a che fare con Paul. Duncan sperava vivamente che questo non li avrebbe messi nei guai.
❝ In tal caso lasciate che vi accompagni.❞ Il suo onore gli impediva di lasciare la sua signora andare in giro per le sale di Castel Caladan alla ricerca del futuro marito, quando nemmeno riusciva a camminare correttamente.
Stava anche tremando a tratti sotto la stola in lama.
Lo sguardo della donna si assottigliò lasciando brillare le pagliuzze argentate annegate nel (colore) delle sue iridi. (Nome) era abbastanza furba da non tentare una discussione per una tale sciocchezza. Per quanto irrispettosa potesse essere, il tutto sarebbe diventato solo più sospettoso. ❝ Se è ciò che desiderate.❞ Duncan camminò fino a sorpassare (nome) e guidarla verso la sua destinazione.
La stanza di Paul non era molto lontana, di conseguenza il viaggio fu breve. La principessa bussò con eleganza alla porta e Paul rispose aprendo la porta. La sorpresa era palese dai suoi occhi verdi, ma si riprese l’attimo dopo aver notato anche Duncan. Salutó l’uomo con un cenno e poi si rivolge alla donna di Alithea ❝ A cosa devo la visita della mia signora? ❞ (Nome) ridusse la sua espressione a puro disgusto e entrò nella stanza lasciandosi alle spalle Duncan e la sua espressione disperata dai capricci e dalle bugie della donna. Paul non fece altro che un’espressione di scuse al compagno fidato chiudendo la porta intimandolo di continuare con i suoi doveri.
❝ Spero ci sia un motivo valido per disturbare il tuo riposo e Duncan. ❞ ❝ Non gli ho chiesto io di disturbarsi. ❞ Lady (nome) ha tralasciato le sue condizioni precarie mentre si fermava nel mezzo della stanza incrociando le braccia al petto. La stola e la vestaglia morbida annientava ogni curva che la donna potesse possedere. Un sospirò lasció le labbra di Paul mentre si avvicinava a lei per avvolgere le braccia intorno alla figura della donna, ❝ La vostra crudeltà non appassisce mai mia signora, nemmeno quando siete malata. E dire che quando eravate piccola possedevate una tale gentilezza. ❞ Il calore della loro pelle che si tocca era qualcosa che (nome) ha detestato, e sapeva che in futuro non gli sarebbe bastato questo da lei.
Si crogiolò segretamente nel tepore del loro abbraccio, forse avrebbe dovuto prendere una stola più pesante ma non è riuscita a trovarla da sola. ❝ Io inizierei a ritermi il colpevole di tale comportamento se fossi in te, Paul.❞ Il suo nome aveva una cadenza sprezzante ma L’Atreides, in qualche modo contorto, sembrò apprezzare. Paul stampa un bacio sul suo collo, incurante dello strato di capelli che si sovrapponeva alla pelle di (nome). Rabbrividì disgustata.
❝ In ogni caso non hai risposto alla mia domanda.❞ Si staccò da lei andando a sedere dall’altra parte della stanza. Si versò qualcosa da bere e lo stesso fece per lei. (Nome) sapeva fare di meglio che cedere a tali galanterie. Era considerata una bellezza a tal punto che in molti hanno cercato le sue attenzioni con trucchi meschini.
In realtà Paul sapeva perché era lì e da cosa era dovuto il suo turbamento. C’era una incrinatura nella sua solita corazza, lasciando intravedere spiragli di rabbia e nervosismo. Aveva letto attentamento i suoi movimenti e le sue parole. Come si soffermava su qualcosa troppo allungo, come teneva coperto il ventre con la stola e come si graffiava i polsi.❝ Devi lasciarlo andare. Lui non ha colpa.❞ ❝ mmh? ❞ Prese un sorso di bevanda tenendo gli occhi su di lei. Sapeva di cosa stava parlando, non c’è stato bisogno di avere conferme, eppure lui ha continuato a fingere di non comprendere. Se lady (nome) non lo conoscesse, avrebbe potuto dire che si stava divertendo a vederla così.
Paul la conosceva a sua volta abbastanza da sapere che: niente avrebbe potuto agitare la donna se non la consapevolezza di aver condannato qualcuno per un suo errore. Non era così crudele come tutti l’avevano dipinta, e Paul lo sapeva meglio di chiunque altro. Sapeva che probabilmente le occhiaie nere sotto i suoi occhi erano solo la causa delle notte insonne per il senso di colpa.
Senso di colpa.
Forse nessuno a parte lui sapeva che Lady Alithea era capace di provare simili emozioni. Era davvero brava a mascherare le proprie intenzioni dietro la sua freddezza, non sempre ma quasi, questo Paul glielo avrebbe concesso. Forse se non fosse per le sue abilità di Bene Gesserit nemmeno lui l’avrebbe notato. ❝ Non vedo perché dovrei, (nome), dopo quello che ti ha fatto.❞ ❝ È TUTTA COLPA MIA! LUI NON C’ENTRA-❞ L’urlo lasciò trasparire tutto il risentimento che aveva nei suoi confronti. Era uscito così spontaneo dalle sue labbra che è riuscita a fermarlo solo dopo aver sfogato in parte. Certamente si era fermata ad un certo punto e una parte di colpa andava allo sguardo che l’erede degli Atreides le ha rivolto. La turbava ancora, anche a distanza di anni e nonostante la loro differenza di età. ❝ … e tu hai utilizzato l'occasione a tuo vantaggio.❞
-Nemmeno i rivelatori di veleno erano riusciti a rilevarlo. Era stata attenta. Talmente attenta che quando il sangue iniziò a colare giù dal naso e dalla bocca una confusione generale riempì la stanza. Alcuni soldati si sono precipitati lì, altri hanno chiamato il dottore Yueh e di seguito arrivò anche Hawat. Era una delle poche volte che anche il Duca era presente, forse tutta quella confusione era dovuto anche a questo.
Nessuno era riuscito a scoprire chi fosse stato e meglio come avesse fatto. Ma Paul aveva un idea. Un’idea che si era rivelata più che giusta. Lo aveva visto chiaramente. -
Le braccia della donna scivolarono dritte lungo il corpo mentre stringeva il tessuto della vestaglia tra i suoi pugni. Non era ben chiaro se si fosse pentita di averlo urlato o se avesse solo temuto per lo sguardo di Paul. Ma il resto della frase è comunque stato ridotto ad un sommesso sussurro.
Forse si sentiva colpevole. Lui non l’aveva mai toccata prima senza il suo permesso. Non le aveva mai fatto del male. Eppure lei aveva agito contro di lui. Prima ha cercato di uccidere Paul mentre dormiva con coltello di fortuna, ma fu troppo codarda per portare a termine l’impresa e crollò tra le braccia di Paul. Non aveva detto una parole ne aveva mostrato paura. Poi aveva cercato di avvelenarlo… ma cambiò obiettivo. Forse ha sperato qualcuno contestasse la sua unione con Paul, forse non ritenendola all’altezza di diventare Duchessa e un’Atreides. Ma non accade. A Paul bastó immagazzinare le informazioni , analizzarle e valutare come risolvere al meglio la situazione. Il suo attentato al giovane Duca non fu mai scoperto, e il suo auto avvelenato fu solo deviato alla soluzione più semplice. Il ragazzo così vicino a Lady (nome) da averla avvelenata per gelosia.
Questo le fece pentire in primo luogo di averlo scelto e portato con sé su Caladan, di essersi compromessa con lui e di essere stata costretta ad abortire per conservare l’onore di entrambi. ❝ Forse avresti dovuto pensarci prima a coinvolgere qualcuno di esterno.❞ È stato stupido ma lo sapeva già. Non lo amava nemmeno come meritava.
Ed è abbastanza palese che Paul stesse giocando con questi sensi di colpa.
Non le avrebbe offerto uno scambio, lui non ne aveva bisogno per farle fare tutto quello che voleva. Non c’era modo che avessero parlato di scambiare la vita del ragazzo con qualcosa che andasse a vantaggio di Paul e Lady (nome) lo sapeva abbastanza bene.
❝In ogni caso ora non dovrai più temere di coprire quella gravidanza indesiderata e io non dovrò tenere un bastardo.❞ Un erede bastardo. Era qualcosa di ironico adesso, agli occhi del giovane Paul. Non gli ricordo minimamente sua madre, che diede al Duca Leto l’erede che tanto desiderava.
La donna era colma di rancore, colpe e imbarazzo, per questo non proferì altra parola. Non cercó di salvarsi o giustificare i fatti evidenti, lui era l’unico oltre a lei a saperlo e poteva dedurre fosse solo grazie alle sue predizioni. Nemmeno il povero Elias era a conoscenza dell’avere messo incinta la futura sposa di Paul. Forse era meglio così.
❝ Dovresti essere grata. ❞ La voce di Paul perse l’affetto e il rimprovero. Divenne solo fredda come se avesse perso la possibilità di provare sentimenti. Si avvicinò alla forma della sua signora prendendo a coppa il suo viso dai tratti morbidi tra le mani. La principessa si sentiva disgustata. ❝ Per cosa? ❞ ❝ Per non averti condannata con lui. ❞
In un lampo di rabbia (nome) spinse le mani sul petto del ragazzo, allontanandosi quel che bastava.
In primo luogo pensava glielo avrebbe concesso, nel suo stato attuale, lui era più forte di lei. Perciò la distanza era quella che lui gli aveva concesso a prescindere. ❝ Avrei preferito morire a causa del mio stesso veleno che rimanere qui con te. ❞ La principessa strinse i denti ad ogni crudele dichiarazione mentre si dirige verso la porta con l’unico intento di andarsene.
❝ Non uscire dalla stanza. ❞ (nome) si fermò nei suoi passi, con la mano sulla maniglia e un piede pronto a dare il primo passo per uscire. Sapeva che Paul era in grado di usare la voce, aveva sentito parlare della cosa molte volte da sua madre mentre si esercitavano. A riguardo c’era un tacito accordo. Lui non avrebbe dovuto usarlo su di lei.
Per quanto non fossero mai stati messi termini e condizioni lui lo aveva fatto solo una volta, esclusa questa. Forse è stata quella volta a convincerlo ad non utilizzarlo. Lei aveva dato letteralmente di matto, urlando e cercando di attaccarlo direttamente.
Nessuno ha saputo dare una risposta a tale comportamento e la situazione tacque in pochi giorni, lasciando un’alone di mistero sulla vicenda.
Lo sguardo della donna era intriso di rabbia e sanguinaria voglia di fargli del male. Paul la guardava a sua volta con una sorta di sfida nei suoi occhi. Sarebbe stata sopraffatta dalla voce o sarebbe stata rinchiusa per aver attentato alla vita di Paul?
Era quasi sicura che nella seconda avrebbe sofferto più lui che lei, per questo quando mosse i suoi primi passi verso il fidanzato lui socchiuse le labbra. Pronto a richiamare qualsiasi ordine l’avrebbe riportata al suo posto. Ma lei si fermò ancora prima di poter fare unaltro passo.
Lo sguardo di Paul era ancora su di lei. I suoi capelli ondulati ricadenti sulle sue spalle cadenti. La sua vestaglia argentata e la stola che era caduta dalle spalle e ora si reggeva solo alle braccia della ragazza. Una visione dannata e patetica proprio come era la sua signora quando nessuno poteva vederla a parte lui. L’orgoglio e la vanità erano scomparsi a favore della dolce disperazione e dai sensi di colpa. Ma in fondo l’Atreides non avrebbe potuto desiderare altro che essere l’unico spettatore di tale vista.
Nessuno avrebbe potuto ammirare la luce fioca e semplice di una donna, che aveva imparato a mantenere le apparenze di freddezza e nobiltà, sfaldarsi davanti a qualcosa che la stava mandando in frantumi poco a poco.
Paul era quella cosa ed entrambi lo sapevano.
I primi passi di lui furono intercettati dalla donna che indietreggiò per mantenere la distanza iniziale. Un sospiro tra l'esasperato e il divertito ha lasciato Paul mentre parlava nuovamente. ❝ Devi smetterla con queste scenate. Non ti serviranno a molto soprattutto se sono l’unico ad assistere.❞ I loro occhi erano fissi l’uno sull’altro. Niente sarebbe cambiato nel comportamento della donna, lo sapeva. Eppure i suoi occhi erano ancora attenti a qualsiasi cosa lui volesse fare di lei. Avrebbe mantenuto le parole eppure lei non era ancora disposta ad avvicinarsi. ❝ Spiegami come posso farmi ascoltare, senza per forza darti un ordine. ❞ Quel potere non era un semplice ordine! Se fosse stato solo un ordine lei avrebbe ignorato il tutto e poi sarebbe andata avanti per quello che credeva meglio. Ma in quei momenti il suo corpo smetteva di essere una sua proprietà e faceva ciò che quel coro di voci le diceva di fare. Cacciata e privata della sua stessa volontà. È così che si poteva descrivere.
❝ Non puoi. semplice, no? Basta solo che mi lasci stare, e che lo scagioni da quelle accuse, e per un po’ continuerò questa recita, per un po’.❞ Per un po’… Non significava per sempre. Non si sarebbe calmata e questo sarebbe solo qualcosa di temporaneo. Era come una pietra che colpiva il vuoto. Non faceva alcun rumore. Nessuno dei due aveva un discorso collegato con quello dell’altro eppure continuavano a parlare sulla medesima linea. Lei era lì per un motivo e poi avrebbe voluto andarsene il più lontano possibile. Anche il fondo del mare di Caladan le sembrava più accogliente e invitante di quella stanza soffusa di luce. Mentre lui desiderava cercare di convincerla a rimanere, nella sua stanza e nella sua vita. Non che lei avesse quella gran scelta in questione ma lui desiderava ancora che lei lo volesse almeno un po’.
Fece un altro passo e poi un’altro e un'altro ancora, verso di lei, in silenzio. Ma lei si allontanava ancora, ancora e ancora. I passi erano traballanti e non si poteva escludere l’eventualità che potesse cadere. ❝ Sai davvero essere crudele mia signora… soprattutto con me. ❞ A Paul sembrava piacere evidenziare come le sue parole taglienti perdessero L’affilatezza in sua presenza, intrecciando le proprie parole con terribile sarcasmo. Lei inciampò su qualcosa e cadde seduta sul letto del ragazzo. Non poteva sapere cosa, ma ha immaginato fosse colpa di Paul. Era sempre colpa sua anche quando non lo era, ai suoi occhi.
Non sapeva esattamente come fosse finita lì, ad un'estremo della stanza, opposto a dove era. Quanti passi senza guardarsi attorno aveva fatto? Quando si era persa troppo in profondità negli occhi di Paul e dell'odio che provava per lui.
❝ Ti odio. ❞ Lui rise alla conferma delle sue parole. Questo era odio. Un odio patetico che gli si addice magnificamente. ❝ Lo so. ❞ Si avvicinò al suo volto, lasciando poco spazio tra loro, tanto che ogni respiro sfiorava le pelle del loro volto. Gli (colore) della donna erano spalancati in cerca di una soluzione, di un indizio o di qualche bagliore, negli occhi del futuro marito. Una qualsiasi scintilla ma niente. Lui era impassibile e illeggibile come lo era sempre stato, e questo l’ha terrorizzata. Come nei loro primi incontri, come nel loro primo incontro. ❝ Cosa vuoi in cambio? ❞ Dopo un lungo silenzio lady (nome) si decise a parlare. Di solito durante i loro scambi di parole non si parlava mai di scambi o mediazioni. Nessuno dei due avrebbe ceduto qualcosa per averne un altra. Specialmente (nome).
❝ Rimani. ❞ Era decisamente generica come risposta e la ragazza si trovava spazientita da tanta indulgenza. Se fosse stata solo una notte potrebbe anche essere un buon affare. Se fosse trasferire le sue stanze in quelle di Paul per il suo ultimo periodo qui a Caladan prima di tornare a casa per organizzare i preparativi per il matrimonio, era eccessivo ma ancora glielo poteva concedere. Aveva chiesto un prezzo molto alto in fondo, per quanto lei stessa non volesse ammetterlo. Ma se intende per tutta la sua vita era troppo. Lei per quando crudele e fredda potesse essere aveva sempre mantenuto la parola data e per questo raramente faceva promesse soprattutto quando non voleva o non poteva mantenerle.
❝ Tutto ma non questo. ❞
❝ Prendere o lasciare, (nome). ❞
#yandere x reader#x reader#paul atreides#Yandere Paul Atreides#dark Paul Atreides#dune part two#dune x reader#paul atredies x reader#paul atredies x you
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Il primo febbraio del 1991 moriva mia mamma. Non meritava di morire così presto,aveva ancora davanti tutta la terza età da vivere con la sua famiglia e ancora tante cose da dare.All’epoca non ero più una bambina,ero una ragazza abbastanza autonoma e matura. Ma questo non significa niente perché certe assenze pesano per tutta la vita,anche quando si invecchia. Il momento in cui più ho sentito la sua mancanza è stato quando è nato mio figlio. Avrei voluto averla con me per chiederle consigli,per avere aiuto e comprensione nei momenti difficili. Mi sarebbe piaciuto sentirla raccontare di quando io e mia sorella eravamo neonate e di cosa facevamo. Sono sicura che mio figlio sarebbe stato felicissimo di averla vicino. Io ho avuto una bellissima infanzia grazie al suo affetto e ho sempre cercato,seguendo il suo esempio,di fare in modo che anche mio figlio vivesse felice e sereno.
Grazie mamma
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comunque diamanti grezzi si meritava di più l'anno scorso
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Non chiedere scusa a me, a me non importa più, chiedi scusa a te stesso per essere stato la versione peggiore di te con una persona che non se lo meritava.
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Ero curiosa, molto, volevo fare un sacco di domande. Poi mi avete fatto credere che ero assillante, pesante, logorroica. Ho smesso di fare domande
Ero genuina, piena di buone intenzioni, per voi invece solo ingenua. Ci tenevate a mostrarmi lo schifo del mondo, a farmi vedere quanto nessuna persona meritava il mio sostegno. Ho smesso di esserlo.
Ero pronta a prendermi la responsabilità, a gestirvi tutti, ma mi avete detto che non era un mio compito, che sapevate cavarvela. Mi sono allontanata.
Volevo studiare, mi piaceva perfino, ma si ascoltava solo chi aveva avuto la vita più dura, quindi ne cercai una all'altezza
Sono diventata nervosa, rabbiosa, intoccabile. Stavo bene, ma vi siete avvicinati per dirmi che potevo stare meglio, che dovevo abbandonare la rabbia. L'ho fatto.
Ora sono silenziosa, spenta, annoiata, stupida, sola e tossica per le persone. Non c'è più qualcuno a dirmi qualcosa. Forse sono diventata la versione meno fastidiosa di me stessa. Forse per questo nessuno fa più caso a me, e alla fine, forse, nemmeno mi importa più.
#versione#cambiare#cambiamento#vita#giudicare#giudicata#persone#influenza#pensiero#influenzare#condizionare#costringere#mostrafe#scoprire#mostrare#amore#lui#citazioni#dolore#morte#vivere#amare#soffrire#distanza#rabbia#vuoto#spenta#fine#sola#studiare
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QUADRI DI CORRADO FRATEANTONIO (http://corradofrateantonio.it/) - Uomini del Sud
Li ricordo da sempre così, con i loro pantaloni scuri, la coppola tenuta bassa per fare ombra, la camicia immacolata e le scarpe grosse, più volte risuolate. Fumavano sigarette senza filtro, MS, le Nazionali verdi o bianche, o le disgustose Sax. Le fumavano lentamente, osservando da dietro le spire del fumo, il mondo che si riassumeva nella piazza principale del paese o nella sua strada più importante, quella dove tutti passeggiavano una volta che il sole calava e il caldo si attenuava. Oppure, in primavera, con il primo sole che scaldava i gradini di marmo della chiesa, o le panchine in pietra chiara della villa comunale, li vedevi arrivare e sedersi sulla pietra calda, dopo un inverno freddo e ventoso. Io, che accompagnavo mio nonno a prendere il suo posto in piazza, in mezzo a parenti ed amici, li osservavo curioso. Studiavo la loro pelle che sembrava cuoio, la barba lunga, le rughe seccate dal sole, i loro sguardi da lupo, i loro sorrisi appena accennati per giudicare, commentare la battuta o la storia di qualche vicino; imparavo da loro quei silenzi con cui pesavano quel mondo che iniziava dove la fiumara finiva e tutte quelle cose straordinarie o strane che lo riguardavano. Valutavano tutto con il loro metro, quasi fossero re col diritto di giudicare senza dar conto a nessuno, perché loro erano la legge, la norma che pesava il mondo. Vi era anche il matto del paese, in un angolo della piazza non perché era un diverso ma in quanto il mondo in cui viveva era troppo grande e spaventosamente straordinario per condividerlo con gli altri. Stava lì con lo sguardo rivolto ad un luogo che esisteva solo dentro di lui, per essere poi richiamato alla realtà da un passante, finendo coinvolto in uno scherzo, in uno sfotto, in una storia da paese. Il nonno conosceva di tutte le persone che sedevano con lui, tutte una vite, fatte di una dignità che nasceva dalla fatica infinita nei campi, da dolori vinti e rinchiusi dentro la loro anima, dai desideri domati, dai sacrifici quotidiani, dalla loro cordialità, dall’ironia con cui si difendevano dalla fatica del vivere. Mai sconfitti, mai vincitori, conoscevano per necessità la natura che dava loro vita e forza e vivevano rispettando solo chi meritava il loro rispetto. Sembravano vecchi come antichi ulivi di cui richiamavano la saggezza, Li osservo ancora, curioso ma ormai per le improbabili magliette firmate, i pantaloni di cotone, i mocassini di moda che portano. Sembrano diversi da quelli di allora anche se adesso usano il computer o motozappe invece di portare i panieri di limoni, od usare falci affilate. Parlano dei viaggi che hanno fatto, dei figli che lavorano all’estero e sono sempre di meno nei paesi svuotati. Se li senti parlare, se osservi i loro occhi curiosi e ascolti le loro battute salaci, capisci che sono sempre loro, chi non s’arrende alla vita e non ha paura a soffrire, i re senza regno, gli schiavi della famiglia, la quercia che il vento non sdradica.
I have always remembered them like this, with their dark trousers, their flat caps kept low to provide shade, their immaculate shirts and their large shoes, resoled several times. They smoked unfiltered cigarettes, MS, the green or white Nazionali, or the disgusting Sax. They smoked them slowly, observing from behind the coils of smoke, the world that was summed up in the main square of the village or in its most important street, the one where everyone walked once the sun went down and the heat subsided. Or, in spring, with the first sun warming the marble steps of the church, or the light stone benches of the municipal villa, you would see them arrive and sit on the warm stone, after a cold and windy winter. I, who accompanied my grandfather to take his place in the square, among relatives and friends, watched them curiously. I studied their skin that looked like leather, their long beards, their wrinkles dried by the sun, their wolfish looks, their barely visible smiles to judge, comment on a joke or a story of some neighbor; I learned from them those silences with which they weighed that world that began where the river ended and all those extraordinary or strange things that concerned it. They evaluated everything with their own yardstick, almost as if they were kings with the right to judge without giving anyone an account, because they were the law, the norm that weighed the world. There was also the village madman, in a corner of the square not because he was different but because the world he lived in was too big and frighteningly extraordinary to share with others. He stood there with his gaze turned to a place that existed only inside him, to then be called back to reality by a passerby, ending up involved in a joke, in a tease, in a village story. Grandpa knew all the people who sat with him, all one life, made of a dignity that was born from the infinite toil in the fields, from pains conquered and locked inside their soul, from tamed desires, from daily sacrifices, from their cordiality, from the irony with which they defended themselves from the toil of living. Never defeated, never winners, they knew by necessity the nature that gave them life and strength and lived respecting only those who deserved their respect. They seemed old like ancient olive trees whose wisdom they recalled. I still observe them, curious but now for the unlikely designer t-shirts, the cotton trousers, the fashionable moccasins they wear. They seem different from those of then even if now they use computers or motor hoes instead of carrying baskets of lemons, or using sharp sickles. They talk about the trips they have made, of the children who work abroad and are fewer and fewer in the emptied countries. If you hear them talk, if you look into their curious eyes and listen to their witty jokes, you understand that they are always the ones who do not give up on life and are not afraid to suffer, the kings without a kingdom, the slaves of the family, the oak that the wind does not uproot.
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Sono tre volte che provo a scrivere il recap di fine 2024 eppure mi sembra sempre incasinato. Direi che però questo descrive molto bene come è andato l’anno appena terminato.
A livello personale è andato abbastanza bene, ho continuato a combattere con la mia ansia e con la mia mania del controllo e devo dire che quest’ultima è migliorata, ho imparato a lasciare andare su molte cose e a delegare maggiormente e questo mi ha dato modo di non avere crolli emotivi o di stress. Ho imparato a fidarmi di più di chi ho accanto, ho avuto modo di avere del tempo per me tra le mille corse delle riunioni e degli eventi e questo anche mi ha aiutata molto a trovare una dimensione più tranquilla. Ho continuato ad andare in palestra, ho continuato a cogliere le opportunità di leggerezza senza farmi troppe pare mentali e nonostante alcune situazioni mi abbiano messa in crisi, alla fine sono riuscita a risolvere tutto. Come? Dando tempo alle cose.
Ecco, se c’è una cosa che forse ha caratterizzato molto il 2024 è stata proprio questa: dare tempo alle cose di nascere, evolversi, incasinarsi, delle volte trovare delle soluzioni, delle volte no, e poi finire.
Ho cucinato tanto, ho sperimentato, ho sbagliato ricette e ho ricominciato d’accapo. Ho capito che anche se delle volte abbiamo gli ingredienti giusti, quando poi proviamo a metterli insieme qualcosa potrebbe andare storto e bisogna accettarlo.
Ho smesso di rincorrere le persone ed i legami, ho avuto modo di realizzare in tempo di non star ricevendo il rispetto reciproco e di star perdendo davvero troppe energie dietro a chi non lo meritava.
Il 2024 è stato pieno di cose, di incontri, di persone, di esperienze e di gin tonic. E va bene così.
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non capisco quelli che urlano all'antimeridionalismo per chi non concorda con la vittoria di Geolier quando PALESE Angelina Mango meritava di vincere e raga lei è lucana, ancora più giù sta
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Leccami dappertutto
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Adoro essere leccata a lungo ovunque; desiderata ma assolutamente sottomessa. Semplicemente: amo obbedire all’amore e all’amante che mi coglie. Ti faccio tutto quello che mi ordini. Se solo intuisco che un uomo che mi piace mi vuole, gli faccio capire subito e senza equivoci che ci sto e di sicuro finiamo a letto entro un’ora. Lo so: sono una vera e propria troia. Ma sono una troia fondamentalmente stupida: non mi faccio neppure pagare!
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Mi porti via con una conversazione intelligente, un gelato, un giro in macchina, un capo di lingerie neanche troppo costoso o un pezzo di bigiotteria economica. Sono una scema. Ma sono molto generosa. Amo e ho un bisogno fisico di giocare con la lingua. E di sentirne spesso una che mi percorra, che mi dia i brividi della passione. Ho una necessità quasi biologica di leccare un uomo o una donna, di inghiottire i suoi umori e sentire il suo corpo che gode, che viene grazie a me. E inghiottire ciò che produrrà per la mia gola. Il gusto è normalmente un po' sottovalutato, invece anch’esso è gran parte del sesso.
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Inghiotto senza sprecare una goccia. Mio marito non sospetta nulla: lui è davvero un angelo. Mi mantiene come una principessa e mi porta sul palmo della sua mano. Non meriterebbe certo una puttana come me, al suo fianco. Non gli ho neppure dato dei figli, né ho alcuna intenzione di farlo in futuro. Spesso lui mi guarda a lungo, mi scruta, mi osserva e infine mi dice che potrei avere qualsiasi uomo o qualsiasi donna, tanto sono bella ai suoi occhi. Che gli brillano d’amore e gratitudine, mentre lo dice. Io abbasso il viso e arrossisco. Lui pensa che io sia una donna timida e pura. Quanto mi adora.
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Fondamentalmente è un uomo molto buono: è solo contento che l’abbia sposato e che abbia quindi scelto volontariamente di essergli fedele, di rispettare il sacro vincolo matrimoniale. Poveretto: sapesse! Però lo tratto bene e non gli faccio mancare dei bei pranzetti e una casa accogliente e pulita. Lui ha oltre venti anni più di me e l’ho sposato in fretta e furia, per uscire da casa il prima possibile.
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Mamma m’ha sempre odiata: lei non è riuscita a tenersi papà e io gliene ho sempre fatto una colpa. Ogni giorno. Eppure in qualche modo ha saputo accalappiare il suo secondo marito: un dottore. Anche lui come mio marito è una persona generosa e dalle mille risorse. E con un bel fisico. Da appena sposati, io - neppure quattordicenne - ho iniziato a stuzzicarlo. Ma lui, da uomo saggio e timorato di Dio, ha sempre accuratamente evitato e m’ha ogni volta rimproverato bonariamente. Scuotendo la testa, davanti alla mia esuberanza adolescenziale.
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Però era ed è pur sempre un uomo sano. Con tutti gli ormoni e i desideri al loro posto. Man mano che andavamo avanti, mamma lo trascurava sempre di più. Io invece sbocciavo rigogliosa e gli ero sempre meno indifferente. Me ne accorgevo da tanti piccoli particolari. Dal fatto che se prima mi sfuggiva, da un certo punto in poi ha iniziato invece a volermi stare intorno, a scherzare con me. Di continuo. Una mattina, dopo l’ennesimo litigio con mamma, ho deciso che l’avrei resa cornuta.
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Se lo meritava e io mi sentivo potente, sessualmente irresistibile. Ho finto di prepararmi e poi di uscire per andare a scuola. Ma quando lei è uscita a sua volta per andare a lavorare nell’azienda dove in quel periodo prestava opera come consulente informatica, sono tornata a casa. Il mio patrigno era al piano di sotto, nel suo studio medico a visitare pazienti. E io di sopra a preparare la trappola.
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A ora di pranzo mi ha trovata a casa; era sorpreso, ma piacevolmente. Ed era anche molto imbarazzato, ma comunque si trovava oggettivamente in una situazione da sogno per qualsiasi uomo: infatti gli ho fatto trovare due fili di spaghetti, un po’ di insalata e dei pezzetti di speck e formaggio. Un pranzo leggero, che gli ho servito truccata perfettamente e profumata. Indossando ciabattine con la zeppa, una sottoveste a mezza coscia velata, leggerissima. Completamente trasparente e... tutta aperta sul davanti!
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Ovviamente, sotto ero completamente nuda! A diciassette anni le mie mammelle erano di marmo e il culo una “O” di Giotto. La fica poi era completamente depilata. Muovendo strategicamente le gambe e i fianchi, le mie grandi labbra si aprivano spesso, davanti a lui. Non parlava. Era ipnotizzato. Io ero talmente eccitata che oltre al profumo, egli ogni tanto sicuramente sentiva un refolo del mio odore inguinale intimo e del sudore delle mie ascelle. Una dolcissima tortura, irresistibile per chiunque..
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Stava diventando pazzo, lo potevo vedere chiaramente. Mangiava, masticava ma non poteva togliermi gli occhi di dosso. Non riusciva proprio a dirmi di andare a rivestirmi. Finito che lui ebbe di bere un robusto bicchiere di vino rosso, sono andata a sedermi in grembo a lui. Gli ho gettato le braccia al collo e facendo l’espressione più bambinesca e innocente possibile gli ho stampato dei baci sulle guance. Gli sorridevo, l’accarezzavo, gli prendevo le mani: me le mettevo una tra le cosce leggermene allargate e l’altra sotto le natiche semiaperte!
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Non poté fare a meno di iniziare a frugarmi la passera e l’ano. Non avrebbe resistito un santo. Era arrapato da impazzire: ogni tanto gli toccavo la patta e la cosa mi era chiarissima. D’un tratto si risolse: mi prese in braccio e mi mise sul divano in sala. Però in sostanza si limitò a leccarmi da morire ovunque. Partì col collo: mi divorava e mi ricopriva di saliva. Poi passò al seno e ci lavorò a lungo. Mi succhiò i capezzoli godendo come un maiale, il dottore.
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Infine, si decise al passo più importante: leccarmi la passera e l’ano. Mi fece venire più volte. Gli ricoprii tutta la testa del mio prezioso miele. Scherzando scherzando, pian piano gli sbottonai i calzoni e glielo presi in bocca. Però dopo tre o quattro pompate lui si ritrasse e disse: “No, tesoro mio.... non possiamo. Basta, per favore. Mi farai morire.”
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S’erano fatte le tre e mezza del pomeriggio, per cui si lavò e tornò nello studio. La serata e i due giorni successivi passarono come se nulla fosse successo. Solo occhiate più o meno esplicite e sorrisi imbarazzati. Ma la terza notte però alle due, mentre mamma ronfava stanca morta, mi si infilò dentro al letto, col profilattico già calzato. Mi mise una mano sulla bocca, mi pregò di fare silenzio e mi disse che non ce la faceva più. M’allargò le cosce e mi scopò. Dieci minuti, non di più. Io lo assecondai e godetti.
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Ma mi sforzai di restare impassibile e di non gemere. Non dissi nulla. Venne e subito dopo se ne scappò, come un ladro. Al mattino, imbarazzatissimo, mi chiese scusa: che non avrebbe dovuto, mi pregava di dimenticare, non si può proprio fare etc. Col kaiser: ce l’avevo in pugno, ormai. Però non dovetti neppure faticare: da subito iniziò a volermi scopare ogni volta che avevamo un’ora di tempo libero insieme e che mamma non c’era.
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Purtroppo, noi donne abbiamo antenne sensibilissime e mia madre quindi scoprì quasi subito la cosa. Avrebbe voluto uccidermi, o come alternativa allontanarmi per sempre “per farmi fare in strada la puttana che ero” disse. Per non far scoppiare uno scandalo però, sopportò tutto per un breve periodo. Anche perché il mio patrigno era molto preoccupato, mortificato e si mise di impegno a lavorare per me.
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Egli riuscì in due mesi soltanto a trovarmi un marito: riuscì a convincere questo suo buon amico d’infanzia ancora scapolo, che accettò subito di sposarmi: non mi potevo opporre. Né lo avrei voluto. Qualsiasi cosa, pur di andarmene. Al futuro sposo non sembrava neppure vero! Avevo meno di diciotto anni e lui oltre quaranta. Non era e non è certo un’aquila; né ha un fisico da fotomodello. Però è un brav’uomo. In sostanza, una buona sistemazione, per me.
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Meglio della strada su cui mia madre m’avrebbe buttato immediatamente, dopo avermi scoperta rientrando prima del previsto nel suo letto matrimoniale, col suo uomo ben piantato nel mio culo mentre io gli gridavo: “dai, fottimi. Vieni, sborra, rendiamo super cornuta mamma. Muovitiiii...” E allora eccomi qui. Mi piace troppo fare sesso. Ultimamente sono anche costretta a usare una crema lenitiva e rinfrescante per le parti intime, visto che faccio sesso due o anche più volte al giorno.
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Posso farlo senza problemi: è il vantaggio di vivere in una grande città e di saper giostrare con internet. Due o più volte al giorno non contando le esigenze di mio marito. Abbastanza diradate durante il mese, invero. E soprattutto io succhio, lecco, ingoio avidissima e raggiungo l’estasi massima quando un uomo mi sborra in gola. Mi faccio succhiare, leccare e lascio anche che la saliva e gli odori dei miei amanti sul mio corpo eccitino il mio coniuge a letto: lui mi dice che ama il fatto che io abbia un odore così mutevole. Non capisce come questo sia possibile. Mi dice che vengo da un altro pianeta, ma si eccita. E mi scopa. Poi finalmente posso farmi una bella doccia.
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RDA
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Comunque, non posso dire che Angelina sia stata robbata oppure no, perché io le altre canzoni non le ho ascoltate non avendo seguito un minuto di questo contest, e non posso saperlo.
Ma una cosa è certa, sicuramente meritava una posizione in più considerando che un certo "Stato" non doveva nemmeno partecipare.
Va beh chiudo qua il capitolo eur0visi0n, a meno che non esca fuori lo scandalo dei bot israhelliani o roba rilevante tanto da riaprire l'argomento. Parlare di quello schifo che è andato in diretta non ne vale proprio la pena.
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Al mare mi sono sempre rivolto
come a un grande amico
come a un grande amore.
Al mare non ho mai nascosto
nessuna verità.
Al mare ho chiesto di guardarmi
fino in fondo all’anima
dove io non sono mai riuscito
ad arrivare.
Al mare ho raccontato i miei casini
quando nessuno aveva voglia di ascoltare.
Al mare ho chiesto di essere
testimone di nozze
tra i miei sorrisi e la mia felicità.
Di essere la stagione
della mia rinascita
di mostrarmi la bellezza
che non riuscivo più a immaginare.
Al mare ho chiesto
di farmi ricordare quale fosse
la mia strada.
Per cosa ho lottato così tanto
e soprattutto, per chi.
Davanti al mare mi sono seduto, e ho pianto
quelle lacrime che nessuno
meritava di vedere.
Davanti al mare mi sono alzato
e ho urlato la mia rabbia così forte
da poterla respirare.
Al mare ho chiesto di farmi chiudere gli occhi
quando non avevo nessun posto
dove andare a riposare.
Di baciarmi le ferite.
Di cullarmi la tristezza.
Di leggere con cura tutti i miei silenzi.
Di abbracciarmi
quando non avevo braccia così forti
per farcela da solo.
Di portarmi al largo dei miei sogni
e poi lasciarmi lì a naufragare.
Per questo ora ti chiedo
qualcosa di più vero di
“vuoi essere il mio amore”
Per questo ora ti chiedo:
“vuoi essere il mio mare?”
Andrew Faber
@smokingago #me
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“È uno di quei giorni che ti prende la malinconia,
che fino a sera non ti lascia più.”
Ci sono giorni che si confondono come le ombre al tramonto, sfumando in un grigio indistinto. E poi ci sono giorni che squarciano l’anima come un temporale improvviso, lasciando cicatrici profonde, invisibili ma eterne. Oggi è uno di quei giorni. Mi sento sospeso in un limbo, incapace persino di soffrire nel modo in cui dovrei. Ho perso una parte di me, una compagna di vita che custodiva un pezzo della mia felicità.
La mia cavalla, la mia confidente di giorni migliori, oggi è diventata un cavallo alato e ha spiccato il volo verso il suo cielo. Per chi l’aveva conosciuta prima di me, era “la Flora”. Non un nome casuale, ma un soprannome che evocava l’eleganza di una dama, perché lei si muoveva con la grazia e il portamento di una donna nobile. Ma per me, per sempre, era Pomposita. Così si chiamava all’anagrafe equina, e così l’ho chiamata io, con un rispetto che andava oltre le parole.
Pomposita entrò nella mia vita per caso, come un regalo del destino, e insieme abbiamo condiviso un tempo che sembrava eterno. Era la mia compagna di giochi, la custode delle mie gioie più semplici, e insieme abbiamo vissuto giorni luminosi, come un’eterna primavera.
Per anni ho temuto l’arrivo di questo giorno. Lo guardavo da lontano, come un marinaio osserva una tempesta all’orizzonte, sperando che cambiasse rotta. Ma, come il vigliacco che teme il dolore più della perdita stessa, mi sono allontanato. Ho delegato ciò che avrei dovuto affrontare, rinunciando alla vicinanza di quel mondo che un tempo era il mio rifugio.
Pomposita non era una cavalla qualunque. Non aveva un valore misurabile in premi o denaro, ma il suo valore era inestimabile perché era mia. Per tutti era “la cavalla del dottore”, un titolo che portava con una fierezza naturale, come se sapesse di essere speciale. Non l’avrei mai venduta, nemmeno per un milione di monete d’oro, perché i sentimenti veri non si comprano né si vendono.
Quando ho capito che per lei il gioco era diventato una fatica, ho deciso di assicurarle una pensione serena. Forse sono stato poco presente, ma l’ho fatto per il suo bene, per regalarle la dignità che meritava.
Se n’è andata in una fredda sera di dicembre, in punta di piedi, quasi temesse di arrecare disturbo. Ora resta solo il ricordo, un frammento di luce che si nasconde tra le ombre della memoria. È lì che mi rifugerò quando la vita mi sembrerà troppo ingiusta. Perché quei momenti condivisi con lei, quegli istanti di pura felicità, saranno per sempre la prova che un tempo sono stato davvero felice.
Ciao, Pomposita, mia dolce amica dei giorni migliori. Mi piace immaginarti di nuovo accanto ad Admiraal, il tuo compagno di un tempo. Sono certo che ci rincontreremo, è solo una questione di tempo. Grazie per tutto. E, se puoi, perdonami per quello che sai. Una volta nel cuore, è per sempre.❤️
1992-2024
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